Manuela Franco. Opere Recenti
Dall’1 al 21 aprile 2004
Manuela Franco
Opere Recenti
arte contemporanea, personale
vernissage: 1 aprile 2004, dalle 17,30
catalogo: in galleria, intervista di Stefano Soddu
orario: martedì a venerdì dalle 17 alle 19,30 o per appuntamento
Estratto dall’intervista di Stefano Soddu a Manuela Franco:
D- Ti presenti subito al tuo interlocutore come una persona ipersensibile.
Ti presenti come un artista che soffre e che ha sofferto. E’ la tua sofferenza che ti ha portato a dipingere?
R- Sovente io impiego tempo in dolci e sgretolanti energie chiedendo all’artista che abita il mio sangue: perché dipingo? Egli risponde con voce bassa, altera, pigmentosa. Risponde. Dipinge per contrapporsi all’atto delle sequenze creative che si accavallano nell’alveare della mente, come una tortura continua di un suicidio ineluttabile nel sangue. La mostruosa campitura d’azzurro urla dal tubetto di colore che ho ingoiato. Azzurro del paradiso rosso fuoco che brucia nei miei pennelli.
D- Quindi pensi che protagonista del tuo fare sia il tuo pennello. Uno strumento che diventa vivo permettendo alla tua mente di esprimere, quasi come l’apparato vocale per la parola che si forma nel cervello.
R- Sì. Il pennello del mio io, il suo pelo è duro quasi metallico, un misantropo osservatore che comincia a strisciare come un verme piatto sulla tela viva. Piano piano prende forma in un vortice di rumori, respiri, ghiaccio e fuoco. Contrasti cancerogeni, le macchie della terra, sono campiture. Corpi e colpi di morte lacerati, decomposti, la mie paure… allora ho paura, terrore…
D- Tu sei una pittrice. Quanto la tua femminilità condiziona i tuoi lavori?
R- Se sono un artista vuol dire che sono un pittore non una pittrice. Non conosco la mia femminilità nell’arte. Conosco una parte vulnerabile che muove i piedi e attacca bene dove il colore sfugge al suo indumento. L’incondizionato creatore assimila entrambi i sessi. La fisicità che guardo nello specchio quando mi spoglio, è l’ambigua forza dell’artista uomo che c’è in me. Sono un uomo d’intelletto, colui ha diritto al suo crudele scopo.
D- Tu vedi quindi te stessa come altro, come protagonista di una storia da raccontare. E’ quindi questa la motivazione del tuo recente lavoro? Per poterti guardare in un percorso di vita alieno? In un percorso catartico?
R- Sono altro… non sono io… sono nulla… la totalità, l’assoluto, la mia ossessione…
La bellezza intesa come scoperta della mia dimensione interiore, la purezza così diventata mia, la possiedo. E’ l’unica cosa che possiedo ora che la vedo, la tocco… Ho lasciato la mie impronte sul mio recente lavoro, ma non per raccogliere una storia… per mantenere un’unità dentro di me, l’arte così diventa mezzo di evasione individuale.
D- La pittura che stai cercando di delineare non è quindi racconto, scrittura autobiografica?
R- Quando creo mi assento, esco da me stessa per incontrare il mio inconscio mistero. Biograficamente incido la mia carne e assaporo ogni pennellata, ogni ritaglio della mia ombra nera. Recito con le immagini il tabù dell’anima che si schianta collosa sulla pagina ibrida… Si…!
D- Non temi che la tua arte, quale colla istantanea, possa imbrigliare chi osserva nel tuo particolare mondo, togliendoti di fatto privacy ed intimità?
R- Sono armata a sufficienza per difendermi da oscuri demolitori verbali e comunque non mi interessa… non ho lavorato duramente per chiarire qualcosa a qualcuno, ma per chiarire qualcosa a me stessa. La trasparenza della mia opera è stimolo e ricerca per l’occhio vivo. L’immagine è su di me… la mia opera.