Lucia Pescador. Ambulanti tra occidente e oriente

Dal 15 settembre al 15 ottobre 2005
Lucia Pescador
Ambulanti tra occidente e oriente
arte contemporanea, installazione, personale

 

vernissage: 15 settembre 2005 ore 18 ,00
catalogo: a cura di Alberto Veca
orario: dal martedì al venerdì 17-19 (altri giorni per appuntamento)

Il luogo dello scambio
di Alberto Veca

Il soggetto a gara con il palcoscenico che lo ospita: l’opera d’arte sopra un tappeto, indubbiamente una superficie accogliente, abile a spostarsi certamente ma non volante, che è probabilmente iperbole della sua agevole mobilità. Il nostro uso domestico conosce, dello strumento, un ruolo decisamente statico: a parete, se prezioso, o sul pavimento e soprattutto “sotto”, le zampe di un tavolo o di sedie, di mobili dallo scarso nomadismo, quando all’origine è pavimento, parete se non soffitto nomadi, adattabili agevolmente alle diverse opportunità. Ma questo appartiene alla sorte di tutti gli oggetti che “migrano” dalla loro sede originaria a un’altra, dalla fisionomia incognita perché ciò che per noi è mobile per altri è immobile.
Il tappeto, comunque, delimita una porzione di terra, ne disegna i confini e le eventuali gerarchie all’interno, segnalando i bordi, la cornice, come il centro, percorso dall’iterazione di figure come sottolineato da un “cuore” che disciplina il pieno rispetto al vuoto.
E ho parlato E ho parlato di un contenitore privilegiato, il “giardino” artificiale che accoglie la mercanzia, in questa circostanza accolto all’interno di un più ampio “contenitore”, quello della scatola/ambiente di “Bazart, arte contemporanea”: l’occasione è quella di una affinità elettiva fra un’artista, Lucia Pescador, una gallerista, Gabriella Brembati, e un luogo, appunto l’ultima corte di una incredibile casa a ringhiera, dalla variegata stratificazione cronologica, in via Col di Lana.
Non amo i mercati, in particolare quelli coatti Fiere d’arte, in qualunque luogo avvengano, capannoni o alberghi a varie stelle, perché confusamente, in una “paura del vuoto” barbarico, propongono ieri e oggi, pretese suasive e consolatorie come urli e denunce, confinate nei limiti consentiti dallo stand in affitto: per come sono proposte si tratta di autentici messaggi, falsati nel primo come nel secondo caso. Ma nel mercato di Lucia – che all’opposto del sottoscritto ama i tavoli affastellati delle bancarelle perché in essi riesce a leggere le diverse voci degli oggetti, dove io sento solo rumore – la solo apparente confusione di materiali e ingombri, è invece assolutamente affascinante perché fra oggetto e oggetto disposto – disegno, fotografia, ciotola, vaso dipinto ecc. – regna una consonanza, un parlare connesso, anche sommesso, che appunto produce paradossalmente silenzio, perché tutto si corrisponde.
Allora una es Allora una esposizione “errante” di oggetti che hanno precedentemente conosciuto una loro autonoma esistenza, anche figure della storia che Lucia registra e riporta da un immaginario del vicino come del distante passato, per cronologia o geografia, che appartiene alla biografia personale o all’immaginario collettivo: tutto quanto collezionato conosce, sul tappeto teatrale di un palcoscenico, il suo momento di gloria, eguagliato dall’essere in quel momento assimilato, reso coprotagonista della scena.
L’aspetto par L’aspetto paradossale è quello che in questo disordine, apparentemente mortificante la singola presenza, Lucia riesce a reggere il filo di un racconto fra oggetto e oggetto, certamente provvisorio – il mercato chiude a una determinata ora e occorre raccogliere il materiale per replicarlo in una giornata seguente – ma impaginabile diversamente alla prossima occasione.
La mostra a Bazart e questa edizione vorrebbero, credo, fermare per un istante, rendere durevole, l’impaginazione di un sentimento nei confronti delle “cose” che ci sono davanti e delle “cose” che sono dentro di noi.

Maggio ’05

 

 

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