Eugenio Zanon. Sculture recenti

Dal 25 maggio al 16 giugno 2005
Eugenio Zanon
Sculture recenti
arte contemporanea, personale

vernissage: 25 maggio 2005 ore 18,00
catalogo: scritti di Eugenio Alberti, Evelina Schatz, Jean Toschi Marazzani Visconti
orario: dal martedì al venerdì 17-19 (altri giorni per appuntamento)

Scala 1:10/13

Sono un elettore. Ho ottenuto l’abilitazione di Stato da pochi mesi e sono regolarmente iscritto all’Albo degli Elettori professionali. Ma non è di questo che vorrei parlarvi. Ho l’onore di essere un elettore con un incarico speciale. Tutti sono capaci di girare di qua e di la come dei pirlotti senza sapere il perchè e il percome.Qualcuno di noi invece arriva ad intravedere il significato del nostro vivere e del nostro agitarsi. E’ certo un privilegio uscire dalla caverna di Platone per poter guardare dritto in faccia alla verità successiva. Ma è questo il problema: c’è sempre una verità successiva, e non c’è teoria unificata che tenga.
Altre volte mi dico di essere finito in un video game senza controllo. In cui le schermate sempre diverse non finiscono mai. Ogni verità è menzogna e fondale da operetta, le teorie unificate si liquefanno come cera visitata dal sole. E allora aspiro con tutta la mia energia alle lettere a tinte di fuoco in cielo: game over. Il prezzo del mio incarico è alto e senza una terapia di sostegno a base di farmaci non sarei mai riuscito a sopravvivere.
Dicevo, uno su 1 milione fra noi, di regola il più forte e il più intelligente, altrimenti il più fortunato, viene selezionato, istruito, pagato e sorvegliato (con discrezione, naturalmente) per dare energia al Punto.
Ogni essere vivente, ogni oggetto, ogni forma d’arte ha un Punto. In questo punto si gioca il tutto e per tutto. In questo punto ci vuole gente con le Palle, gente temprata e resistente, un incrocio fra rematore di galera e fuochista d’antiforno, fra cantante d’opera e programmatore di computer. Vi immaginate cosa potrebbe succedere se il punto di un’ opera di Zanon si schiantasse e l’opera si afflosciasse come un pezzo di polistirolo che brucia triste triste accortocciandosi e dando fumo nero cattivo, da bianco che è? Ecco perchè sono qui, novello atlante dagli omeri nodosi e pieno di determinazione. Anche gli elettroni hanno un’ anima. Se non mi fossi innamorato della sapienza delle mani di Zanon non potrei resistere a questo stress di girare all’infinito per dare immobilità all’esterno.
Il baricentro delle opere di Zanon è un po’ liquido e sembra spalmato sui contorni, anche perchè il punto su cui appende poi tutta la “cosa” è sempre esterno al perimetro, ci avete fatto caso? Ripeto, il punto di contatto fra il perno che sostiene la struttura bidimensionale di metallo e questa struttura è sempre inappellabilmente esterno al perimetro. (Qui bisognerebbe aprire un capito sui sassi, appesi come salami a stagionare, ma non è il caso.) Questo perno è un Richelieu che non ama esporsi alle luci della ribalta e ama però pilotare lo svolgersi degli eventi.Tiene tutti sul palmo della mano, sul palmo del ricatto. Niente perno, niente arte.Baricentro o meno, comunque, sono io che sbarro il passo alle forze della disgregazione, come Leonida disperato, e senza nemmeno trecento compagni fidati.
Brum brum, veloce veloce, ho il capogiro, ma sento di rendere un servizio all’arte e all’umanità di qualche mondo successivo al mio. Certo che ci voleva uno come me, non certo uno di quegli elettroni sfornati dai grandi laboratori di ricerca, tutto libri ed esperimenti. Ma che ne sanno loro della vita e dell’arte? Scusate per il mio pensiero veloce e scostante, ma capirete…

Eugenio Alberti

Aghiforme Genio
di: Evelina Schatz

Propaga le palpebre
Sull’anarchico luogo
Disfa la carne dei canti
Che tremano in punta.
Gregoriani appunti.
Silenziario, punta gli aghi
Nelle forme tremolanti
Come gingilli celesti
Nella ressa dell’umore
Che viaggia. L’amore
Incassa, girovago ponte
Dei praticanti poeti:
Violini sui chagalliani tetti?
Logori ripassi. Di danza
Di-sonanti passi. Danzare
il proprio caos in riverbero
Nasce la geometria, oh, sì! così.
In ribasso il metallo, ora povero
Ripescato dai logori torrenti d’oro.
Si alzano, musici sbalzi metallici, le
Colonne canore dei luoghi. Altrove:
Frequenta-tissimo luogo
Minimale: fuggire – minimo
Impulso-quasi fulgore
Apoteosi delle virtù quasi
-o-non-si-sa-quali-
Nei notturni tranvai.
Noioso nodo, protestato azzardo
Dell’ordinario azzurro:
Vogliamo-appunto-lo zero
Dove si fa visibile l’oltranza
Dove si fa visibile l’effetto
Di una cancellazione – prima ancora –
In visibilio della scoloritura.
Caos procede. Eugenia mimesi
Del caos precipitose origini.
Vince la geometria. oh. sì!
Variazione dei corti filigranati
Nel frastuono di ombre
Sotto le luci dannate
Frastagliate, fallimentari. Bianco!
Finalmente il nero è bianco.
Azzerato il tempo: Rien ne va plus!
La storia trasloca
Trasferita nello spazio
Sotto i ponti. Nella periferia
Si consumano ferri ferite rottami
Cavoli e pasta-e-fagioli. Sic.
Le cattedrali del tempo
Ora mute. Verso l’Alto distratti
immobili. Nei cieli disfatti
Dal frastuono di stelle, comete e corpi
Dispersi nei buchi d’ozono tra i neri
Nei delle Alici precipitate
Nei portali di spazio sognato.
Cieli immoti. In disperata
Lucida attesa
Che ora il cielo
Diventi noosfera. Quella dei
Greci. di Chlebnikov. di Vernadskij
E di Eugenio Zanon

Milano 23 aprile 1996
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Eugenio Zanon

Scultore, grafico, scenografo, drammaturgo e teatrale, potrebbe essere saltato in questo secolo da un carrozone di artisti della Commedia dell’Arte, o fuggito dalla penna di William Shakespeare, un personaggio antico e all’avanguardia contemporaneamente.
L’artista nasce il 6 ottobre del 1942 a San Zenone degli Ezzelini, un paese fra le colline intorno ad Asolo, da una famiglia di tradizione contadina. In dialetto veneto Zanon vuol dire “Giovannone”. Il nonno però era stato soprannominato “Campanaro” —-uno che ama le burle—- e la nonna Filomena Pellizzari, “Bagatea”, una persona lieve da non prendere troppo sul serio. Secondo gli usi locali si conferiva un soprannome ai compaesani interpretando alcune loro caratteristiche personali, e con questi erano conosciuti a discapito del nome di famiglia. I nonni materni facevano Tedesco di cognome, ma venivano chiamati “Lùgaro” —-il canterino, l’uccellino che canta all’alba—- e la nonna Angela Martini, “Sperandio”, colei che tira a campare. Il padre, Giuseppe, era un falegname e aveva fatto un’arte del suo lavoro per l’abilità dell’intaglio. Questo è il clima in cui è nato e cresciuto Eugenio Zanon.
Attirato da curiosità diverse da quelle tradizionalmente locali, nel 1955, studia litografia presso ISBS a Castelnovo Don Bosco, in Piemonte, un’esperienza che marcherà la scelta strutturale del suo percorso futuro. Fra il 1957 e il 1959 frequenta un corso di aggiustatore meccanico a Fonte nel Trevigiano e poi lavora come operaio metalmeccanico presso diverse industrie fra Rossano Veneto e Bassano del Grappa. A queste esperienze deve probabilmente la sua particolare manualità con i metalli. Nel 1960, lavora come orafo a Valenza in Piemonte. In quel periodo, il suo interesse si rivolge ad attività pluridisciplinari quali la pittura, la musica ed il teatro. Per quasi dieci anni esplorerà il settore teatrale. Inizia anche a scrivere. Fra il 1970 ed il 1972 fonda con gli amici il gruppo “Teatro Libero Valenza”; con altri il gruppo musicale “Archetipo Sound”. Nel 1974, con un compagno forma “Studiocinque Design” per la ricerca e la realizzazione di prototipi di gioielli per le industrie.
Dal 1970 al 1979 apre lo spazio per esposizioni d’arte “Live Art” e inaugura il centro di formazione culturale “Simaryp”. Inizia l’attività teatrale con il gruppo “Salvinel”. In questo stesso periodo, incontra ed ospita Julian Beck e Judith Malina con i quali si esibirà negli spettacoli di strada del loro “Living Theater” tra Alessandria, Valenza e Casale Monferrato.
In seguito nel 1980 farà parte del gruppo teatrale “Comuna Bayres” a Milano. Si dedica all’editoria e fonda con amici il periodico “Together” ed in seguito la “Tribù”. Con la “Comuna Bayres” si reca in Argentina per la fondazione del villaggio Willaldea. Si diverte anche a disegnare marchi con successo.
Nel 1987, riprende la vecchia attivita e disegna pezzi di alta bigiotteria per note griffe milanesi.
Nel 1991 decide di dedicare tutte le sue energie alla scutura ed ai gioielli che chiama “Sculture da indossare”.
Nel 1995 su iniziativa degli “Amici della Scala” crea il marchio “Il castello per Milano”. Viene invitato a Mosca per tenere uno stage sulla tecnica della microfusione in oreficeria e presiede una tavola rotonda con designer russi di gioielli al Museo delle Arti Popolari e Decorative Applicate.
Nel 1996, dopo aver tenuto una conferenza del titolo “Tradurre il pensiero estetico in opera concreta” all’Istituto Europeo di Design di Milano, gli viene offerta la responsabilità dell’atelier del dipartimento “Design del gioiello” presso l’Istituto.
Nel 1997 foto e design delle sue “sculture da indossare” sono richieste dal Museo delle Arti Decorative del Louvre di Parigi nel reparto di Arti Applicate e nel 1998 vengono inseriti nel “Dictionaire du Bijou” (Editions du Regard, Paris) a cura di Chantal Bizot, curatrice delle collezioni delle arti Decorative al Louvre.
Al termine dell’incarico all’Istituto Europeo di Design continua l’attività didattica nel suo atelier per il desiderio di proseguire la sua ricerca con i giovani e condividere la sua esperienza. Nel 2002 crea il logo Bazart.
Nel 2004, realizza un opera dedicata a Demetrio Stratus,collocata a Castel Spinone, Salsomaggiore Terme. Il suo nome viene inserito nel “Dizionario della Lombardia”, opera curata dallo scrittore Carlo Castellaneta. Sempre nel 2004 la rivista Flash Art lo nomina fra i “Magnifici cento” dell’arte italiana. Nel dicembre dello stesso anno vince il primo premio del Concorso Internazionale per un poster ispirato a “giustizia e libertà” indetto in Turchia da Mazlumber Istambul Branch – Organizzazione per i Diritti Umani e la Solidarietà dei Popoli Oppressi.

Jean Toschi Marazzani Visconti

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