AUGURI ITALIA – 150 anni di Unità 32 opere fotografiche, a cura di Roberto Mutti e 32 opere pittoriche a cura di Sandra Nava

Dal 5 al 24 dicembre
AUGURI ITALIA – 150 anni di Unità
32 opere fotografiche, a cura di Roberto Mutti e 32 opere pittoriche a cura di Sandra Nava
arte contemporanea, collettiva

vernissage: lunedì 5 dicembre 2011 – ore 17,00
orario: martedì a venerdì dalle 17 alle 19,30 o per appuntamento

Il progetto raccoglie l’impegno di ARTantide.com di Verona e della Galleria Scoglio di Quarto di Milano che intendono festeggiare i 150 anni d’Unità d’Italia con l’arte di 64
Artisti che hanno dedicato a questo anniversario il loro lavoro.

Opere fotografiche di:
Bernasconi, Berengo Gardin, Bertin, Borgiani, Bravi, Chiono, E. Cattaneo, Della Toffola, Dosselli, Erba, Finotti, Garghetti, Iacometti, Importuna, Lovati, Maffi, Magarelli, Manca, Mollica, Moscheni, Mutti, Omenetto, Pollini, Perotti, Radino, Ria, Romagnoli, Rubino, Sacchiero, Sacconi, Todde, Vitti

Opere pittoriche di:
Bacci, Calchi Novati, De Luca, Dusio, Caputo di Roccanova, De Maria, Fedi, Carabba, Degli Alberti, Forino, M. Cattaneo, Delhove, Fra, Contreras, Diotallevi, Gentile, Gini, Maciotta, Gradi, Maggi, Lausetti, Malipiero, Leone, Mancini, Lia, Onorato, Perna, Schiavocampo, F. Soddu, S. Soddu, Tornaghi, Verdirame.

L’ITALIA, IMPROVVISAMENTE
Centocinquant’anni fa la fotografia aveva pochi anni alle spalle (era una giovinetta, come si diceva allora, poco più che ventenne) ma già intuiva il suo grande avvenire. Intanto si godeva un presente entusiasmante dove i cambiamenti cominciavano ad essere incalzanti nel quadro di una visione del mondo dominata dal Positivismo e dalla fiducia nei progressi della scienza. E come poteva essere diversamente di fronte a rivoluzioni come quella dell’illuminazione elettrica e del motore a scoppio, del telegrafo e della penicillina che stavano cambiando, migliorandola, la vita di milioni di persone? Per non parlare poi del quadro politico internazionale con la grande novità della “primavera dei popoli” che vede nascere nuove nazioni come l’Italia.
Allora la fotografia contribuì con i suoi strumenti a creare l’immagine di un paese emergente come compariva nei ritratti composti dei grandi personaggi, nelle scene di genere che riproducevano gli avvenimenti più significativi del Risorgimento per finire poi, più avanti, nel panorama delle bellezze naturalistiche, architettoniche ed artistiche italiane raccolte con determinazione e compostezza dai fratelli Alinari.
Oggi le cose sono molto diverse. Lo sono per la fotografia che si è evoluta ed è passata attraverso una rivoluzione tecnologica che le ha consentito di accedere a più ampi strumenti espressivi, lo sono per l’Italia che si è fatta così complessa da essere ormai difficilmente definibile con poche, semplici parole e richiede, invece, riflessioni di più ampio raggio. Una riflessione che abbiamo richiesto a trenta fotografi accostati in una compagine volutamente eterodossa che accosta autori affermati e giovani emergenti, uomini e donne, amanti del reportage ed esponenti di una ricerca espressiva originale, cultori del bianconero e appassionati del colore, legati all’immagine classica o attirati dalle possibilità offerte dai programmi di elaborazione dell’immagine. Per tutti l’indicazione – quella di interpretare il senso dell’essere italiani oggi – è stata essenziale ed accompagnata dalla possibilità di agire con la più ampia e completa libertà espressiva. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e, come forse era prevedibile, forma un mosaico dalle mille sfaccettature che mescola senso di appartenenza e orgoglio, ironia e sarcasmo, poesia e ricerca della bellezza. Ciò che però colpisce è la qualità delle opere presentate, la grazia che accompagna alcune e l’inventiva che caratterizza altre, la cura delle stampe e la forza espressiva con cui ogni autore ha comunque voluto caratterizzarsi. Si tratta di un panorama tutt’altro che celebrativo di questo tormentato Paese che sembra aver dimenticato le belle speranze garibaldine come anche le spinte del secondo Dopoguerra e gli entusiasmi che avevano animato il dinamismo della seconda metà degli anni Sessanta. Ma tant’è, da qui si parte. O, meglio, si riparte per costruire, anche grazie alle riflessioni suggerite da chi utilizza straordinari strumenti come la fotografia, qualcosa di nuovo. Possibilmente prima del 2061.

Roberto Mutti

AUGURI ITALIA – PROFILI DI APPARTENENZA
Omaggi da un immaginario book che una trentina di artisti della galleria Scoglio di Quarto hanno allestito nel 150-esimo anniversario dell’Unità d’Italia, partecipando idealmente ad un augurio collettivo per questa nostra nazione ancor giovane e forse fragile d’età ma così straordinariamente antica di radici, storia e cultura.
Mi risulta quindi quasi fisiologico, risiedendo e lavorando prevalentemente a Bergamo, la Città dei Mille che sta celebrando tuttora, con eventi di grande rilievo, il compleanno d’Italia, aderire all’invito di Gabriella Brembati ad accompagnare questa raccolta di opere e ideazioni che in un inedito album di viaggio, compendia elementi etici ed estetici, concorrendo a quell’ipotesi ricorrente di “italianità” possibile, logo e metafora quasi letterale di universale riconoscibilità.
E’ una riflessione che gli artisti presenti accolgono per sottolineare, nel modo più consono alle rispettive sensibilità e strumenti tecnici, quanto la creazione artistica abbia saputo influenzare in maniera determinante, pur nelle diversità più radicali, l’organizzazione sociale italiana.
A differenza degli altri Stati europei, non vi è alcun dubbio che in Italia, il “Bel Paese”dell’arte e delle arti, il principale elemento unificante fu proprio quella continuità estetica insita e radicata nella storia e nella quotidianità stessa della comunità, a definire un “senso”, un richiamo ed una identità oltre le lontananze.
Capacità creativa e critica, immediatezza di pensiero unita ad abilità realizzatrice di assoluto valore soprattutto manuale, hanno, nel secolo e mezzo di questa traversata perigliosa, contribuito ad irrobustire una certa identificazione che è andata probabilmente anche oltre gli intenti iniziali di un ordinario profilo di caratterizzazione, per assumere i contorni di un valore in sé, di una riconoscibilità nazionale univoca e preziosa.
“Italianità nell’arte” dunque, nell’appartenenza scontata a un processo creativo in qualche modo comune e trasversale?
Sarebbe illogica affermazione e quanto di più lontano dalle dinamiche che la storia artistica dell’Unità abbia registrato, nel perpetrarsi di contese e vibranti polemiche iniziate ben prima che l’Italia come Stato sovrano iniziasse ad esistere, tra avanguardie allineate alla lezione francese e artisti impegnati in un dialogo complesso, di cui solo in anni molto recenti si è compreso il valore, fra tradizioni territoriali e modernità transnazionali.
Eppure d’arte nazionale si continuerà a discutere, in termini spesso riduttivi e antistorici, tra le complesse vicende del periodo pre-risorgimentale prima, che videro il formarsi in Toscana del movimento dei Macchiaioli a precedere l’Impressionismo europeo, in un clima movimentato e fertile, sino ai decenni unitari poi, dove attese e delusioni conferiranno urgenza e vigore estremo alle prese di posizione, alle svolte stilistiche o alle censure che ne interpunteranno la storia.
Fondamentale resterà nella forma mentis nazionale la componente regionale, non solo nei settori artistici, che conserverà intatta la propria peculiarità ben oltre il primo Novecento, tra Roma, Milano, Torino, Firenze. Napoli o Venezia stessa a scambiarsi alternativamente il ruolo ambito di capitale culturale in un difficile rincorrersi che avrà presto a che fare con le tragiche vicende di un tumultuoso Novecento appena trascorso, il “secolo breve” di dirompente velocità e follia.
Di fondamentale rilievo, il manifesto Futurista detterà la forza eversiva e geniale di una autentica rivoluzione formale e stilistica che dall’Italia pre-dittatoriale ancora propone estetiche e potenzialità.
Nel buio di una stagione che sembrava non conoscere fine, lumi di ragione e ricerca rimasero vitali e attivi in gruppi che seppero sfidare la stupidità e la ferocia testimoniando la possibilità reale di un futuro rinnovamento e di un risveglio non solo delle arti: si pensi ai Sei di Torino, a Corrente, alla Scuola Romana solo per dire di alcuni nuclei che consentirono nel secondo dopoguerra il riposizionamento internazionale della ricerca artistica italiana, libera e affrancata da gioghi ideologici di opposta ma parimenti nefasta natura.
Ed è allora che si definivano con lucida raffinatezza un pensiero e un segno che molto avrebbero cifrato della rinascita etica ed estetica del Paese, applicando con straordinaria efficacia anche alla qualità della produzione industriale le linee inconfondibili di una storia unica tra valori d’arte e ricchissime radici.
Si consolidava così uno stile, questo sì assolutamente nazionale, un marchio “unitario”, a dire di un’eccellenza intrinseca ai patrimoni genetici della creatività del Paese, mentre agli inizi di questo terzo millennio è ancora una volta nella innegabile multiformità della ricerca artistica che si profila improvviso un richiamo a riannodare fili tenaci di tracce d’identità preziose e mai disperse.
Nelle scansioni infine di questa proposta, profili e pensieri di alcuni protagonisti del “fare artistico” contemporaneo italiano giungono qui certamente interpretando un personale territorio, offerto tuttavia all’incontro e al confronto in un moto di civile partecipazione che rimarrà nel tempo fissato nel garbo dell’assunto iniziale.

Sandra Nava

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